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“I cazzari del virus” di Andrea Scanzi

Primo nella categoria saggistica con un numero di copie vendute sei volte superiore al secondo (La mossa del cavallo di Renzi). Quinto nella classifica generale e secondo nella classifica generale di Amazon (dopo essere stato primo per 11 giorni), I cazzari del virus è già alla terza edizione in meno di due settimane.

Andrea Scanzi non manca di esaltare i propri successi sui social, definendosi “contento come un bambino” per “una delle gioie lavorative più grandi della mia vita”, con quell’egocentrismo che lo contraddistingue, ma che gli permette anche di essere uno dei giornalisti più popolari sui social. Con un significativo incremento di notorietà proprio durante la pandemia grazie alle sue quotidiane dirette su Facebook.

Le critiche a I cazzari del virus

Gongolando degli insulti che riceve e che rivolge contro il mittente con la sua tagliente ironia, Scanzi è un personaggio che gode nel provocare, sperando di suscitare una reazione a cui risponderà, uscendo quasi sicuramente vincitore dello scontro dialettico. Essendo così controverso, non sono pertanto mancate le critiche al suo libro. La più frequente è quella che lo ritiene il primo dei cazzari, avendo lui stesso negato la possibilità della diffusione del virus in Italia.

Siamo al 25 febbraio, pochi giorni dopo la scoperta del paziente di Codogno. Scanzi, in un video-sfogo su Facebook, che raggiungerà 8 milioni di visualizzazioni, minimizza il pericolo di contagio in Italia. La convinzione è che da lì a poco si tornerà alla vita di prima, con la riapertura di bar, ristoranti, teatri e cinema. Si tratta di certo di un errore, come l’evolversi degli eventi ha velocemente dimostrato. Ma Scanzi ha il coraggio e l’umiltà (e questo gli va riconosciuto) di ammetterlo. All’epoca tutti pensavano che fosse soltanto un’isteria collettiva: gli stessi virologi escludevano eventuali rischi in Italia.

Proprio l’aver ammesso il suo errore è ciò che lo contraddistingue dai tanti cazzari che mette alla berlina nel suo libro con similitudini dissacranti, come la seguente su Senaldi, una delle sue vittime predilette:

Sono così ridicoli, ma così ridicoli, che se uno vedesse Senaldi nudo con indosso solo le Crocs pervinca, in confronto a  loro parrebbe quasi credibile.

Scanzonato e irriverente verso i politici (e non solo) irresponsabili, il libro è anche capace di emozionare ricordando alcuni dei momenti più difficili e strazianti di quei giorni.