L’eccidio della Benedicta del 7 aprile 1944: la Pasqua di sangue
La Pasqua di sangue del 1944: così venne chiamata la strage perpetrata dai nazifascisti alla Benedicta tra il 6 e l’11 aprile.
La staffetta Martina Scarsi, la cui testimonianza è raccolta nel libro “La Provincia di Alessandria nella Resistenza” di Willialm Valsesia, ha raccontato quei terribili giorni:
Il nemico spadroneggiava, crudele, arrogante, sicuro e metodico nell’organizzare, nel terrorizzare e nel colpire. […] In quella Pasqua furono ben pochi coloro i quali si sentirono di approntare il tavolo come era usanza e tradizione. Le famiglie erano spezzate, quasi tutte avevano uno dei loro cari o un loro amico in pericolo, legate alle sorti dei combattenti della Benedicta, o forse già colpito mortalmente dai fascisti.
Le brigate presenti alla Benedicta
Alla Benedicta, antico convento in rovina trasformato in cascinale, situato sul Bric dell’Arpesella, a sud-ovest del Tobbio (Appennino Ligure-piemontese), era stata posta l’intendenza della 3° Brigata d’assalto Garibaldi “Liguria”. Organizzata dal PCI, aveva come comandante Edmondo Tosi “Ettore”, come vicecomandante Franco Gozzati “Leo”. Divisa in otto distaccamenti, contava più di 600 uomini.
Sul luogo era presente anche la Brigata Autonoma “Alessandria”, comandata dal capitano dei granatieri Gian Carlo Odino “Italo”. Con all’interno degli elementi filo-monarchici, era detta dei “badogliani” dall’altra banda e contava dalle 200 alle 250 unità. Tra le due bande i rapporti erano tesi per motivi politici, tanto che il capo della Brigata Alessandria affermava che i garibaldini facevano fare della fame nei distaccamenti, in modo da desistere i suoi uomini dal passaggio alla 3° Liguria. Riuscirono comunque ad arrivare ad un sorta di accordo, per cui in caso di rastrellamento la Brigata Autonoma avrebbe dovuto riparare verso la Benedicta.
Il rastrellamento
Alla Benedicta le notizie di un imminente rastrellamento erano arrivate per tempo grazie alle staffette del fondovalle, ma non vennero prese abbastanza sul serio. Vi era la convinzione che i nazifascisti non si sarebbero mai avventurati su per quelle zone. Solo il 29 marzo 1944 i comandi partigiani organizzarono un tutti i rappresentanti di distaccamento per studiare un piano in caso di attacco.
All’alba del 6 aprile i reparti nazifascisti si misero in moto verso il centro del territorio occupato dalle bande partigiane. Le truppe, composte da circa 5.000/6.000 unità, erano dotate di armi automatiche, mortai, lanciafiamme, autoblindo, carri armati e di un gruppo di artiglieria da montagna con pezzi da 149, un aereo da ricognizione “cicogna” e squadre cinofile.
Il primo teatro di scontro si ebbe dalla strada che da Campo Ligure sale in quota, dove le truppe tedesche e della RSI incontrarono il primo e il terzo distaccamento della 3° Liguria. I garibaldini tennero in scacco le truppe nazifasciste per tutta la mattina, prima di sganciarsi definitivamente, sopraffatti dalla superiorità bellica dei nemici. Solo tra le 13 e le 15 la Benedicta cadde in mano nemica.
Mentre i comandanti della 3° Liguria diedero l’ordine di sganciamento immediato per tutti, non altrettanto fecero il comandante della Brigata Autonoma, che, rispettando il patto sancito con i garibaldini, decisero di mettersi in marcia verso la Benedicta.
L’epilogo
Gli uomini di Odino, arrivati nelle immediate vicinanze dell’ex monastero, si rifugiarono in località Tane del Lupo, mandando in ricognizione una staffetta. Tornata dalla perlustrazione, comunicò la presenza di tedeschi al comandante, che decise di tenere fermi e nascosti i suoi uomini nelle grotte. Alcuni partigiani della brigata ligure, piazzati sulle colline circostanti per osservare l’evolversi della situazione, si resero conto del ricovero pericoloso degli uomini di Odino e li raggiunsero. Saverio De Palo “Macchi” consigliò ad Odino di spostarsi da lì e di dare l’ordine di sganciamento immediato. Per De Palo avrebbe dovuto anche sopprimere il cane che i partigiani della Brigata Autonoma si portavano sempre dietro, per paura che potesse abbaiare.
Nessuno dei suoi consigli venne ascoltato: il cane impaurito incominciò ad abbaiare e i nazifascisti scoprirono il loro nascondiglio. Il piccolo drappello dei garibaldini tentò una fuga quasi impossibile, approfittando del trambusto generato dall’esplosione in rapida successione di diverse bombe a mano. Riuscirono a mettersi in fuga portandosi dietro un piccolo gruppo di Autonomi, gli altri si consegnarono. Dalle Tane del Lupo i partigiani vennero trasferiti nella cappella della Benedicta, dove ad aspettarli stavano i garibaldini fatti prigionieri.
All’alba del 7 aprile 75 prigionieri furono fucilati a gruppi di cinque e i loro cadaveri vennero gettati in una fossa comune, che alcuni di loro erano stati costretti a scavare. Insieme a loro anche i corpi di 22 giovani catturati e trucidati nei boschi lì vicino. Nei giorni successivi vi furono altre fucilazioni e la Benedicta venne fatta saltare in aria.
Nel complesso vennero uccisi nel rastrellamento tra fucilati e caduti in combattimento 178 partigiani, altri 368 furono fatti prigionieri. Di questi 207 furono trasportati nei campi di sterminio in Germania (Gusen e Mauthasen).
Nei mesi successivi i partigiani dell’alta val Polcevera insieme a militi della Croce verde di Pontedecimo cercarono di recuperare e identificare le salme dei caduti e dei fucilati. Molti morirono nell’impresa di dare ai caduti della Benedicta una degna sepoltura.
La scoperta dell’eccidio della Benedicta
Da giorni nelle zone vicine si sapeva degli scontri tra nazifascisti e partigiani, ma nessuno era potuto salire per il rischio di essere catturato. L’11 aprile il CLN di Ovada decise che due ragazze dovevano andare alla Benedicta per verificare quanto successo. Una di loro era la staffetta Martina Scarsi, non ancora ventenne.
Incontrammo per primo un prete domenicano, vestito di bianco, si aggirava intorno a quelle fosse e sembrava pregasse. Poi subito dopo incontrammo una donna con addosso un grembiulino bianco e in mano una bottiglia di alcool e del cotone. Non lontano un uomo stava seduto su una pietra e lui stesso, immobile, pareva una pietra. E poi vicino alla donna c’era un bel ragazzo di 12-13 anni con occhi azzurri e capelli ricci nerissimi. Era in piedi e non diceva nulla. Questo fu il nostro primo incontro. Erano i genitori e il fratello minore di due partigiani fucilati che stavano cercando tra i tanti cadaveri della Benedicta. Eravamo soli, in tutto sei persone vive in mezzo a tanti morti trucidati dalla barbarie nazista.
Mi avvicinai ad un albero. Era da tempo un albero secco e vidi in terra tanto sangue e poi dei pezzi di cranio. Uno spettacolo spaventoso. Cominciammo ad alzare una di quelle sette pietre e a scoprire il volto di quei sette caduti. […]
Ritornammo poi vicino ai genitori di quel ragazzo. Aiutammo quella povera donna. Il padre non era più in grado di fare qualcosa. Era impietrito. Stava solo, e guardava nel vuoto, e guardava nel vuoto. Anche il ragazzo continuava a rimanere immobile e ci guardava.
La madre rivolgendosi ad uno dei suoi figli che aveva scoperto massacrato dai nazisti chiedeva: “Enrico dove lo hai lasciato? Dov’è tuo fratello?” Era mamma Grosso di Serravalle Scrivia che aveva lasciato lì due dei suoi figli. L’unico rimasto ora in vita era quel ragazzo.
Li aiutai a ripulire il volto irriconoscibile del primo figlio individuato e poi insieme continuammo a cercare l’altro suo figlio. Finalmente lo trovammo. Con tutta la volontà e tutte le mie forze aiutai a pulire bene con l’alcool e cotone il volto dei figli di mamma Grosso e cercammo di ricomporli nei migliori dei modi.
Partigiani come banditi
lI 16/4/1944 il quotidiano genovese Il Secolo XIX°, pubblicò in seconda pagina il seguente comunicato: “Operazioni contro banditi in provincia di Genova: duecento morti e quattrocento prigionieri. Da qualche tempo gruppi di banditi si aggiravano nel territorio montano ai confini delle province di Alessandria e dl Genova. Per eliminarli è stata ordinata un’operazione alla quale, insieme a reparti dell’esercito e della polizia germanica, hanno partecipato reparti di un reggimento bersaglieri e quattro compagnie della G.N.R. di Alessandria e di Genova. Oltre duecento banditi sono stati uccisi e circa quattrocento catturati. Tra i morti sono alcuni capibanda“.
Lo scopo di questa strage
Nelle intenzioni dei tedeschi l’eccidio doveva far crollare nella popolazione il sostegno alla resistenza, ma il numero dei morti e la particolare efferatezza delle esecuzioni ebbero l’effetto opposto, aumentando l’odio della popolazione locale nei confronti dei fascisti repubblicani e delle truppe tedesche. Inoltre le formazioni partigiane, quantunque duramente provate, risorsero ben presto più agguerrite e nessuno dei gruppi superstiti abbandonò la lotta. Anzi, si può dire che da quel momento ebbe inizio la vera guerra partigiana in Liguria.
La commemorazione
Domenica 8 aprile, a partire dalle ore 9.30, al sacrario della Benedicta si svolgerà la celebrazione del 74° anniversario dell’eccidio della Benedicta. Per ricordare le vittime, si avrà la deposizione delle corone e una messa in loro onore. Alla commemorazione sono previsti interventi di Gian Pietro Armano presidente dell’associazione Memoria della Benedicta, Carlo Ghezzi vicepresidente nazionale dell’Anpi, Stefano Persano sindaco di Bosio, Maria Rita Rossa presidente della provincia di Alessandria e Nino Boeti vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte.
Don Luigi Cioti terrà l’orazione ufficiale al termine della quale ci sarà l’intervento delle associazioni partigiane.
L’elenco delle vittime
Elenco dei novantasette patrioti fucilati alla Benedicta o nei pressi della stessa il 7/4/1944:
1. Alice Agostino Antonio, Gavi Ligure, 15 febbraio 1923, studente.
2. Allegro Luigi, Serravalle Scrivia, 21 marzo 1920, elettrotecnico.
3. Badalacco Luigi Adamo, Cabella Ligure, 25 febbraio 1923, meccanico 4. Badino Giuseppe, Genova Mignanego, 13 ottobre 1925, studente.
5. Bagnasco Benedetto, Voltaggio, 5 maggio 1924, contadino.
6. Baracchi Elio Luigi, Genova Sampierdarena, 13 luglio 1924.
7. Barbieri Giulio, Novi Ligure, 29 ottobre 1923, studente.
8. Barbieri Tullio Giambattista, San Quirico (GE), 24 aprile 1924.
9. Barisone Natale, Arquata Scrivia, 17 novembre 1923, manovale.
10. Benasso Pietrino Carlo, Genova, 8 agosto 1923, operaio.
11. Berti Francesco Angelo.
12. Bianchini Ferruccio, Genova, 7 luglio 1925, contadino.
13. Biava Angelo, Malvino di Sardigliano, 30 luglio 1922, contadino.
14. Bisio Luigi, Tassarolo, 12 aprile 1923, muratore e operaio.
15. Bonelli Arturo, Genova, 11 dicembre 1924, operaio.
16. Briata Giuseppe, Lerma, 28 gennaio 1925, macellaio e contadino.
17. Bricola Mario Enrico Antonio, Grosseto, 11 aprile 1923, operaio.
18. Bricola Pio, Gavi Ligure, 21 marzo 1925.
19. Buffarello Alfonso, Tassarolo, 6 dicembre 1923, sarto.
20. Calcagno Adriano, Parodi Ligure, 29 aprile 1921, artigiano.
21. Cambiaso Agostino Stefano, Genova Sampierdarena, 31 luglio 1925.
22. Cambiaso Pietro, Campomorone, 1 marzo 1925.
23. Camera Pio, Ovada, 29 gennaio 1924, contadino e ferroviere.
24. Canepa Rocco Renato, Ovada, 14 aprile 1925, operaio.
25. Carrea Cesare, Gavi Ligure, 11 settembre 1925, operaio e coadiuvatore agricolo.
26. Carrea Ferdinando, Gavi Ligure, 25 giugno 1923, manovale.
27. Carrea Rino, Serravalle Scrivia, 25 marzo 1924, impiegato.
28. Carretta Rinaldo, Sardigliano, 30 ottobre 1922, agricoltore.
29. Cartasegna Emanuele, Parodi Ligure, 27 febbraio 1925.
30. Casarino Armando, Genova, 8 aprile 1925.
31. Cassano Carlo, Gavi Ligure, 2 marzo 1924, garzone e manovale.
32. Cassano Giacomo, Gavi, 2 marzo 1924, garz30 gennaio 1924.
33. Castelli Filippo, Mazara del Vallo, 30 gennaio 1924.
34. Chiappella Adriano, Serravalle Scrivia, 8 giugno 1922, meccanico.
35. Chiesa Mirko, Albenga, 21 settembre 1923.
36. Cipollina Aldo, Gavi Ligure, 6 ottobre 1923, meccanico.
37. Conte Giovanni Battista, Malvino di Sardigliano, 18 febbraio 1925 38. Cosso Paolo, Serravalle Scrivia, 1 febbraio 1925.
39. Cremonte Carlo, Serravalle Scrivia, 1 gennaio 1923.
40. Fasciolo Antonio, Capriata d’Orba, 4 giugno 1922, agricoltore.
41. Ferrari Francesco Angelo, San Cristoforo, 8 ottobre 1928, agricoltore.
42. Ferreri Armando, Basaluzzo, 1 marzo 1925, muratore e agricoltore.
43. Fossati Aldo, Gavi Ligure, 12 gennaio 1924, esercente.
44. Gastaldo Giovanni, Serravalle Scrivia, 18 agosto 1922, meccanico.
45. Gastaldo Giovanni, Bosio, 30 ottobre 1925.
46. Gemme Aldo, Francavilla Bisio, 30 settembre 1925, agricoltore.
47. Gemme Andrea, Tassarolo, 17 dicembre 1922, falegname e operaio.
48. Ghiglione Giuseppe, Genova Pontedecimo, 19 marzo 1923.
49. Ghio Emilio Giovanni, Parodi Ligure, 12 agosto 1925.
50. Ghio Giacomo Mario, Bosio, 5 ottobre 1925, agricoltore.
51. Ghio Mario Tomaso, Bosio, 20 gennaio 1925, operaio.
52. Ghio Mattia, Bosio, 30 luglio 1905.
53. Grosso Enrico, Serravalle Scrivia, 18 novembre 1922, muratore.
54. Grosso Luigi, Bosio, 18 novembre 1923, agricoltore.
55. Grosso Pietro, Serravalle Scrivia, 1 maggio 1925, muratore.
56. Icardi Enzo, Serravalle Scrivia, 18 aprile 1925, operaio.
57. Marini Ilio, Livorno, 13 agosto 1924.
58. Martinetti Andrea Luigi, Genova Sampierdarena, 25 gennaio 1922.
59. Massa Giacomo Aurelio, Gavi, 9 febbraio 1923, fabbro.
60. Massa Giuseppe, Gavi Ligure, 22 agosto 1921, agricoltore.
61. Mazzarello Amedeo, Novi Ligure, 26 gennaio 1924, operaio.
62. Mazzarello Elio, Serravalle Scrivia, 6 agosto 1924.
63. Merlo Enrico, Bosio, 22 marzo 1925, agricoltore.
64. Merlo Luigi, Bosio, 16 aprile 1921.
65. Merlo Renato, Bosio, 20 dicembre 1923, panettiere.
66. Minetti Pietro, Predosa, 16 maggio 1925, operaio.
67. Molinari Emilio, Bosio, 9 giugno 1923, mugnaio.
68. Montecucco Enrico, Stazzano, 28 aprile 1925, meccanico.
69. Montobbio Lorenzo, Capriata d’Orba, 8 agosto 1924.
70. Odino Luigi, Carrosio, 30 aprile 1925, contadino e fattorino.
71. Ottonello Giuseppe, Masone, 13 gennaio 1926.
72. Palmieri Virginio, Genova Mignanego, 18 luglio 1924, studente.
73. Pasino Pietro Edoardo, Torino, 23 marzo 1924, perito chimico.
74. Paravidino Antonio, Rocca Grimalda, 24 luglio 1925.
75. Pastorino Romeo, Ovada, 28 maggio 1924, studente e meccanico.
76. Pestarino Biagio, Capriata d’Orba, 31 marzo 1924.
77. Piccin Ferruccio, Codogné, 23 agosto 1925, calzolaio.
78. Podestà Stefano, Novi Ligure, 15 settembre 1922.
79. Ponta Giacomo, Arquata Scrivia, 12 marzo 1922, meccanico.
80. Ponte Giovanni, Parodi Ligure, 25 maggio 1922, contadino.
81. Pontiggia Giuseppe, Serravalle Scrivia, 12 marzo 1924.
82. Porcile Giovanni Stefano Giuseppe, Genova Bolzaneto, 9 dicembre 1907, facchino.
83. Prati Bruno Mario, Tortona, 12 maggio 1924, muratore.
84. Profumo Angelo Luigi Giuseppe, Genova Pontedecimo, 18 giugno 1908, manovale.
85. Raineri Angelo, Carentino, 21 aprile 1924, apprendista meccanico.
86. Rebora Gaetano, Gavi Ligure, 9 marzo 1924, agricoltore.
87. Rissotto Salvatore Riccardo, Genova Bolzaneto, 3 aprile 1907, meccanico.
88. Robello Giovanni, Serravalle Scrivia, 21 agosto 1923.
89. Sancristofaro Angelo, Serravalle Scrivia, 10 febbraio 1925, panettiere.
90. Sobrero Pasquale, Cassano Spinola, 12 aprile 1925.
91. Segagliari Lorenzo, Cassano Spinola, 25 giugno 1924, contadino e manovale.
92. Traverso Ernesto Tommaso, Carrosio, 27 agosto 1924, contadino e seminarista.
93. Traverso Luigi, Gavi Ligure, 11 aprile 1924, contadino.
94. Traverso Luigi, Parodi Ligure, 3 luglio 1925, agricoltore.
95. Trussardi Marco, Clusone, 8 aprile 1925.
96. Tulipano Ezio, Ovada, 21 maggio 1925, meccanico.
97. Verardo Arturo Carlo, Genova Pontedecimo, 8 marzo 1924, operaio.
Le altre vittime
Alle 97 persone fucilate il 7 aprile alla Benedicta, vanno aggiunte le 4 cadute a Piani di Praglia il giorno prima e le due cadute in località Roncassi il giorno stesso, le 58 fucilate nelle zone vicine tra il 6 e l’8 aprile, oltre ai 149 prigionieri morti nei campi di deportazione.
Camilla Gaggero