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Attualità

Cronaca nera: è davvero necessario rendere pubblica tutta la vita delle vittime?

Entro in classe, pronta a spiegare Napoleone.
“Prof, ma lei ha sentito cos’è successo ieri?”
Napoleone è subito accantonato dalla cronaca nera.

Purtroppo capisco subito a cosa si riferisce: un ragazzo di sedici anni si è suicidato gettandosi dalla finestra di casa, poco distante dalla nostra scuola.
Bisbiglio un sommesso “sì, una tragedia”. Non trovo altre parole.
Rimango in silenzio qualche secondo, mentre i ragazzi cominciano ad agitarsi: hanno voglia di parlarne, ne hanno bisogno.

Mi trovo in difficoltà: come affrontare un argomento così delicato con dei ragazzi di soli 13 anni? Sarò in grado di trovarne le parole, io che insegno solo da pochi mesi? Da che parte dovrò portare il discorso?

Va bhe un drogato in meno” interviene un altro ragazzo. Mi si gela il sangue. Ma nello stesso momento trovo anche il coraggio per affrontare quella drammatica notizia con i miei studenti.

Comincio con lo spiegare che non si dice “persona drogata”, ma “persona che fa uso di sostanze stupefacenti”: può sembrare solo una differenza linguistica, eppure è molto di più, perché non si può identificare qualcuno con il suo problema, dipendenza o malattia che sia.

Non importa se fosse un ragazzo modello o se usasse sostanze stupefacenti: in entrambi i casi si tratta di un ragazzo di solo tre anni più grande di voi che è morto: aveva tutta la vita davanti per migliorarsi.

E soprattutto: chi siamo noi per giudicare una vittima, per fare l’autopsia di tutti i suoi errori alla ricerca di una giustificazione per quanto accaduto?

La morbosità sulle vicende private delle vittime è ormai una caratteristica della cronaca nera italiana. Prendete per esempio la ragazza di 22 anni morta sul lavoro: sono uscite decine di articoli sulla relazione con il fidanzato, con tanto di foto di loro due al mare in copertina. È vera informazione? Davvero conoscere la sua vita personale è importante per capire quanto successo? Evidentemente no, ma questo ci distrae dalle vere domande: perché ancora oggi si muore sul lavoro? Perché non sono ancora appieno rispettate le norme di sicurezza?

Pensiamo allora al suicidio del ragazzo: perché è giunto a quel gesto? Perché non ha avuto l’aiuto di cui aveva bisogno? Cosa hanno fatto i genitori, la scuola, gli amici e la società per impedire che accadesse?

Smettiamo di scavare nella vita delle vittime per trovare elementi scabrosi e iniziamo a porci le domande giuste, quelle che possono evitare il ripetersi di tragedie simili.

3 thoughts on “Cronaca nera: è davvero necessario rendere pubblica tutta la vita delle vittime?

  • In it something is. Earlier I thought differently, thanks for the help in this question.

    • senzamaschera

      Thank you, I’m real proud for it.

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