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11 settembre 1926 attentato a Mussolini

L’11 settembre 1926 l’anarchico e antifascista Gino Lucetti tentò di uccidere Mussolini

L’11 settembre 1926 Lucetti si appostò sul piazzale di Porta Pia a Roma e lanciò una bomba contro la Lancia Lambda Coupé de ville che trasportava Mussolini nel consueto tragitto da casa a Palazzo Chigi. La bomba però, rimbalzando sul bordo del finestrino dell’auto, esplose a terra. Otto passanti rimasero feriti, mentre Mussolini ne uscì illeso. Un passante, Ettore Perondi, immobilizzò immediatamente il ventiseienne anarchico fino all’arrivo della polizia. Con sé aveva anche una pistola di piccolo calibro, che si dichiarò pronto a usare per portare a termine il suo compito:

Non sono venuto con un mazzo di fiori per Mussolini. Ma ero intenzionato di servirmi anche della rivoltella qualora non avessi ottenuto il mio scopo con la bomba

La vettura su cui viaggiava Mussolini il giorno dell’attentato.

Così il passante che lo fermò, intervistato dal Giornale d’Italia, raccontò l’accaduto:

Lucetti, mentre l’automobile presidenziale si avvicinava, introdusse la mano destra nell’apertura anteriore della giacca e sollevò il braccio destro tenendo con la mano un oggetto che scagliò contro la vettura che passava a non più di quattro metri. Vidi l’oggetto colpire la vettura e poi cadere a terra mentre l’attentatore fuggiva verso via Nomentana.
In due balzi gli fui addosso  mentre dalla vettura di scorta saltarono giù due agenti di P.S. – agguantato l’attentatore, lo trascinammo nel portone attiguo degli uffici della succursale della Banca Commerciale. Disarmato, il Lucetti veniva caricato su una automobile che passava e tradotto in Questura”.

Chi era Gino Lucetti

Finita la Prima Guerra Mondiale, per cui era stato chiamato alle armi senza però di fatto combattere, maturò una coscienza politica che lo portò a respingere il fascismo per aggregarsi agli anarchici individualisti.

Protagonista di vari scontri e risse di natura politica durante il Biennio rosso, continuò la sua opposizione ai fascisti locali anche negli anni successivi. Nel settembre del 1925 dopo uno scontro armato con dei militanti fascisti, emigrò a Marsiglia, per tornare l’anno successivo, sotto il falso nome di Ermete Giovannini, con l’intento di attentare la vita del duce. Tale dettaglio offrì a Mussolini il pretesto per un accorato discorso contro il governo francese, colpevole di tollerare sul proprio suolo numerosi antifascisti. Appena giunto a Palazzo Chigi si rivolse così alla folla:

Ma da questa ringhiera io voglio pronunziare alcune gravi parole che debbono essere esattamente interpretate da chi di ragione: bisogna finirla. Bisogna finirla con certe tolleranze colpevoli e inaudite di oltre frontiera… se veramente si tiene all’amicizia del popolo italiano, amicizia che episodi di questo genere potrebbero fatalmente compromettere.

Il Governo italiano richiese pertanto a quello francese l’estradizione dei fuoriusciti italiani. La Francia, in nome del rispetto delle leggi di ospitalità, rifiutò, ma dichiarò che non avrebbe tollerato altri abusi da parte dei cittadini italiani là rifugiati.

Il Processo all’attentatore di Mussolini

Per l’attentato dell’11 settembre, Lucetti fu processato nel giugno 1927 davanti al Tribunale speciale e condannato a 30 anni di carcere. Con lui furono condannati come complici, a pene di circa vent’anni, anche Leandro Sorio e Stefano Vatteroni.

L’organizzazione dell’attentato ancora oggi non è chiara. Una parte della storiografia ha avanzato l’ipotesi che Lucetti avesse accuratamente preparato l’attentato con l’aiuto di numerose persone di varie città italiane. Comunque sia, Vincenzo Baldazzi, uno dei massimi esponenti degli Arditi del Popolo e poi della Resistenza romana, fu poi condannato per aver fornito la pistola a Lucetti. In un secondo momento venne condannato per aver fornito un aiuto finanziario alla moglie di Lucetti.

Attentato Mussolini
Fonte: Corriere della Sera

La morte di Lucetti

Nel 1943 gli Alleati da poco giunti a Napoli lo liberarono. Lucetti prese quindi alloggio sull’isola di Ischia, ma il 17 settembre 1943 morì nel tentativo di rifugiarsi su di un motoveliero, colpito e affondato dai bombardamenti tedeschi.

Il secondo attentato dell’anno 1926

L’attentato di Lucetti al duce non fu il primo di quell’anno, e nemmeno l’ultimo. Nell’arco di un anno infatti Mussolini dovette sventare ben quattro attentati. Il primo nel novembre 1925 ideato dal socialista e massone Tino Zaniboni, evitato dalle spie dell’O.V.R.A. Nell’aprile 1926 un’anziana signora irlandese, Violet Gibson, cercò di sparò al duce durante una cerimonia al Campidoglio, ma il proiettile lo sfiorò appena al viso. A questo seguì il tentativo di Lucetti e, nell’ottobre dello stesso anno, quello di Anteo Zamboni che, come Violet Gibson, tentò di sparare a Mussolini. Anteo Zamboni, a differenza di Lucetti, non ebbe un processo: i legionari fascisti lo pugnalarono a morte subito dopo il suo gesto.