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Libera: corresponsabilità contro le organizzazioni criminali

Nel 2011 la mia professoressa di italiano invitò in classe a parlare Stefano Busi, membro dell’associazione Libera. Fu un incontro che segnò positivamente la mia crescita culturale, mostrandomi un punto di vista che fino a quel momento non avevo considerato. A distanza di anni, per l’anniversario della strage di Capaci, ho deciso di riproporre l’articolo che avevo scritto per l’occasione.

“Falcone e Borsellino non erano eroi”

Non è l’affermazione di un mafioso, ma di un membro dell’associazione Libera, Stefano Busi. Non ha sbagliato posto né è un malavitoso in incognito: semplicemente esprime il pensiero di tutta l’organizzazione perché

Falcone e Borsellino erano uomini come tutti. Svolgevano soltanto il loro dovere come avrebbero dovuto fare tutti gli altri magistrati. Dire che erano eroi è sbagliato, nemmeno loro lo avrebbero apprezzato: chiunque può comportarsi come loro, essere onesti. Non occorrono superpoteri. Chi infatti afferma che erano eroi, implicitamente sostiene anche che nessun altro può compiere le loro stesse azioni.

Questo è il primo punto che bisogna tenere sempre a mente. Il secondo invece è che le vittime innocenti come Silvia Ruotolo, mamma siciliana uccisa da un colpo vagante mentre portava la bambina a scuola, non si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lei era nel posto giusto nel momento giusto: doveva svolgere il suo compito di madre. Era il sicario della mafia che lì non doveva esserci perché “bisogna smettere di pensare che sia normale che in certe zone di Italia ci si spari per la strada. Non è ammissibile una situazione del genere: accettarla vuol dire arrendersi in partenza.”

Proprio con questa idea nasce nel 1995 Libera, un’associazione temporanea di scopo di nomi e numeri contro le mafie. Per combattere la mafia non è sufficiente l’uso dell’esercito, anche se può contribuire, come si rese conto il prefetto di Palermo Mori nel periodo del fascismo. Una volta liberata l’Italia dalla dittatura, però, l’organizzazione criminale si è ricomposta, diventando più forte di prima e infiltrandosi nelle istituzioni dello Stato. Lo stesso vale per gli arresti dei boss. Non è sufficiente.

La corresponsabilità contro la mafia

Si deve risolvere il problema alla radice: “fino a che lo Stato non riuscirà a garantire ai cittadini quei diritti che la mafia elargisce come favori, questa sarà impossibile da eliminare” affermò Carlo Alberto Dalla Chiesa. L’organizzazione criminale è nata a causa della mancanza delle istituzioni nelle aree più arretrate d’Italia e di questa si è alimentata. Ma oggi, con l’aiuto di tutti, si può e si deve sconfiggerla.

La parola chiave di Libera infatti, coniata dal presidente Don Ciotti, è “corresponsabilità”, ossia responsabilità collettiva perché il campo di azione delle mafie non interessa soltanto le regioni meridionali, ma l’intera Italia.
Ovviamente il problema riguarda maggiormente gli abitanti delle zone come Casal di Principe, che muoiono ogni giorno di cancro e sono per lo più giovani di età inferiore ai 30 anni.

Libera
Marcia di Libera a Bologna nel 2015
Fonte: skytg24

Ma anche i Settentrionali mangiano i prodotti di quella terra, irrigati con acqua di pozzi inquinati e con concentrazioni di metalli pesanti di gran lunga sopra i limiti consentiti. E le multinazionali comprano questi stessi ortaggi per i loro bassi costi, finendo sulle tavole di tutto il mondo senza che nessuno, o meglio, i consumatori, siano a conoscenza del veleno che stanno ingerendo.

Basta con il silenzio

Le istituzioni infatti, a livello sia locale che nazionale, conoscono bene la situazione, ma non solo non fanno nulla per cambiarla, anzi, nascondono le prove di questa schifezza che colpisce il Paese: così un controllo dell’ARPAL sulle acque di Casal di Principe era stato ritoccato in modo che i valori risultassero a norma quando non lo erano.
Nascondere la realtà però non la rende migliore. Al contrario la peggiora giorno per giorno fino a che non diventa insostenibile e tutto viene scoperto: è successo così per le confessioni di Walter Schiavone a cui è stato tolto il segreto di Stato dopo 16 anni.

E in questi lunghissimi anni non è stato fatto nulla per sradicare le mafie, per dire basta: si è solo taciuto, ma se le opere di bonifica fossero cominciate l’anno stesso delle dichiarazioni del pentito a quest’ora quelle si troverebbero sicuramente in condizioni meno inquinate e morirebbero meno bambini e adulti di tumore. Ma purtroppo in Italia si ragiona così: fino a che non “ci scappa il morto” non si fa nulla. Si aspetta sempre la tragedia, l’allerta massima per capire che bisogna agire.

In realtà da tempo, fin appunto dal 1995, Libera cerca di sensibilizzare a questo importante tema. La mafia non deve più essere un tabù: solo parlandone si può trovare una soluzione comune e tutti insieme agire. Il problema è enorme, e sembra all’apparenza irrisolvibile. Ma come è stato creato da uomini, così può essere risolto dagli stessi anche se con maggior fatica. Se commettere un crimine è facile, porne un rimedio richiede tempo e soldi.

Tutte le vittime sono importanti

Pertanto lo scopo di Libera è duplice: prevenzione e soluzione, che spesso si sovrappongono. Un’azione di prevenzione è sicuramente quella di andare nella scuole a sensibilizzare i giovani, il futuro che deve essere consapevole per non commettere gli stessi errori delle precedenti generazioni. Un’altra importante azione di Libera è quella delle marce contro la mafia (l’anno scorso a Firenze quest’anno a Latina) che coinvolgono persone di tutte le età e si concludono con la lettura dell’interminabile lista delle vittime innocenti. Per ricordare che bisogna sapere i nomi di tutti, non solo di quelli famosi come i magistrati. Troppo spesso si è ricordata la morte di Falcone e Borsellino e “degli uomini della scorta” senza mai nominarli, infierendo così un ulteriore dolore ai loro familiari.

Libera si occupa inoltre di trovare una collocazione per i beni confiscati alle mafie. Così che ne possano usufruire quelli stessi cittadini cui erano stati sottratti per il guadagno illecito di pochi e non per il bene della comunità.

Camilla Gaggero