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Carabiniere ucciso: lo Stato faccia giustizia, non vendetta

Il carabiniere Mario Rega Cerciello è stato ucciso a 35 anni con 11 coltellate, non con 8 come era stato inizialmente detto

Fa rabbia perché stava svolgendo il suo lavoro. Fa ancora più rabbia perché era sposato da poco più di un mese. L’omicidio del carabiniere crea indignazione soprattutto perché era un rappresentante dello Stato. Ma proprio considerando il suo ruolo è vergognosa la strumentalizzazione messa in atto. A partire dalla ricerca di inesistenti assassini nordafricani. Così subito dopo l’omicidio si sono susseguiti alcuni post vomitevoli da altrettanti rappresentati dello Stato.

Salvini:

Caccia all’uomo a Roma, per fermare il bastardo che stanotte ha ucciso un Carabiniere a coltellate.
Sono sicuro che lo prenderanno, e che pagherà fino in fondo la sua violenza: lavori forzati in carcere finché campa.

Anche la Meloni non si è risparmiata, parlando di “due animali, probabilmente maghrebini” e poi di “bestie”.

La schiuma alla bocca è sensibilmente diminuita quando si è scoperta la vera nazionalità degli assassini, ma ormai la rabbia era stata fomentata. Così Salvini, ministro di uno stato che ha dato i natali a Cesare Beccaria, ha sperato nella pena di morte.

Non meno vergognoso ovviamente l’insulto della professoressa contro il carabiniere, che per questo verrà sospesa. Allo stesso modo vanno moralmente condannati tutti coloro che esultano per la morte di un carabiniere, o che cercano di trovare una possibile giustificazione.

La foto del killer bendato

Arriviamo però all’ultima strumentalizzazione dell’omicidio. Uno dei due killer è stato fotografato ammanettato e bendato. Chi invocava lo stato di diritto, è stato accusato di difendere un assassino. Sì, perché i “sinistri” sono sempre quelli che difendono criminali, a partire dai clandestini, si intende. Un sondaggio su Facebook, promosso dalla Lega, sembra a qualcuno sufficiente per sovvertire le leggi: il popolo ha parlato. Ma il popolo è un cattivo tribunale, e per fortuna è passato il tempo delle condanne su pubblica piazza. La legge è più che chiara al riguardo (comma 6 bis all’art. 114 cpp): “È vietata la pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta”. Sono pertanto più che condivisibili le parole di Pietro Grasso:

A Provenzano, catturato dopo 43 anni di latitanza, la prima cosa che chiesi fu: “ha bisogno di qualcosa?”; rispose che aveva bisogno di un’iniezione per curare la sua malattia, e rapidamente trovammo il modo di fargliela.
Gli dimostrammo la differenza tra noi e loro: non ci si abbassa mai al livello dei criminali che si combattono, non ci sono e non devono esserci eccezioni.
Questo significa essere uomini e donne al servizio dello Stato.

Una foto del genere inoltre potrà essere utilizzata senza problemi dalla difesa, rischiando di inficiare la validità della confessione. Rivolgersi alla pancia dei propri elettori, parlare come un qualsiasi opinionista da bar può aiutare a salire nei sondaggi. Ma un uomo dello Stato non dovrebbe comportarsi in questo modo, perché lo Stato serve ad assicurare la giustizia e non a vendicarsi. 

Camilla Gaggero